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LA FIGLIA DELLA LUNA

Tre giorni al solstizio, Navija All’ultimo piano della grande casa bianca, le noviziali dormivano in un’austera camerata rettangolare. Letti a castello a destra e a sinistra di uno stretto corridoio che correva dalla porta di abete fino alla finestra sulla piazza del villaggio, oltre cui si intravedeva il profilo frastagliato della taiga. Immaginando di camminare in punta di piedi per la stanza, si potrebbero sentire i sospiri leggeri delle ragazze addormentate, come splendidi angeli fatti di sogni. Nell’immobilità più assoluta, gli occhi smeraldo di Anya erano spalancati e fissavano le travi di legno del soffitto. Per quanto ci provasse, non riusciva proprio a prendere sonno. Continuava a ripetersi che mancavano solo tre notti al Solstizio, e si interrogava su come sarebbe cambiata la sua vita quando avrebbe lasciato cadere il velo da noviziale e abbandonato per sempre la casa bianca delle consorelle. “Mancano solo tre notti” si ripeteva mentre tamburellava con le dita sul

MANGIATRICI DI UOMINI

Erika arriccia il naso, abbassa lo sguardo e inizia a giocherellare con le pieghe della gonna. “non posso credere che tu me lo abbia chiesto davvero…” un sussurro quasi impercettibile. Sì, non avrei dovuto aprir bocca. Forse non si sente a suo agio quando i discorsi si fanno troppo diretti, magari preferisce scoprirsi con i suoi tempi, mostrare pian piano i lati di sé con cui si sente più a suo agio. Vuole essere lei a guidare il gioco. Provo a sfogliare il mio manuale delle scuse, o perlomeno a tirar fuori una battuta per stemperare la tensione, ma niente: gli ingranaggi del mio cervello girano a vuoto. Ancora qualche momento di silenzio; poi i suoi occhi color nocciola puntano sui miei come abbaglianti nella nebbia. Le labbra si distendono in un sorriso che vuole essere seducente, ma le guance colorate di rosso tradiscono un leggero senso di imbarazzo. “Fai attenzione a quello che desideri” mi dice con voce sottile “potresti sbagliarti su di me”. Alla luce soffusa dei neon

ZINGARI E LUPI

Ava passeggiava sul marciapiedi in equilibrio su tacchi da venti centimetri, fermandosi ogni due o tre passi per aggiustarsi il vestito tanto scomodo quanto attillato. Talvolta veniva inondata dalle luci gialle e abbaglianti di un'auto che rallentava e le passava accanto, sentiva su di sé gli sguardi degli uomini al volante, che la guardavano in bilico tra desiderio e senso di colpa. Qualcuno si informava sul prezzo, ma la maggior parte filava via dopo averla solamente immaginata nuda.  Ava era molto bella e sapeva di esserlo.  La pelle era bianca come il latte e un caschetto di capelli rosso fuoco incorniciava un viso dai lineamenti tipicamente slavi, con linee marcate ma delicate e con grandi occhi azzurri.  Aveva deciso di restare un'ultima mezz'ora per cercare di guadagnarsi qualche entrata extra. Tra pochi giorni avrebbe dovuto pagare l'affitto, inoltre voleva mandare qualcosa alla sua vecchia madre a Sibiu. Già, sua madre... Non l'aveva sentita bene l'u