ZINGARI E LUPI

Ava passeggiava sul marciapiedi in equilibrio su tacchi da venti centimetri, fermandosi ogni due o tre passi per aggiustarsi il vestito tanto scomodo quanto attillato.
Talvolta veniva inondata dalle luci gialle e abbaglianti di un'auto che rallentava e le passava accanto, sentiva su di sé gli sguardi degli uomini al volante, che la guardavano in bilico tra desiderio e senso di colpa. Qualcuno si informava sul prezzo, ma la maggior parte filava via dopo averla solamente immaginata nuda. 
Ava era molto bella e sapeva di esserlo.  La pelle era bianca come il latte e un caschetto di capelli rosso fuoco incorniciava un viso dai lineamenti tipicamente slavi, con linee marcate ma delicate e con grandi occhi azzurri. 
Aveva deciso di restare un'ultima mezz'ora per cercare di guadagnarsi qualche entrata extra. Tra pochi giorni avrebbe dovuto pagare l'affitto, inoltre voleva mandare qualcosa alla sua vecchia madre a Sibiu.
Già, sua madre...
Non l'aveva sentita bene l'ultima volta. Sapeva che la sua malattia era progredita ed era rassegnata al fatto che molto probabilmente le cose sarebbero solo peggiorate.   
Nel pensare alla madre, istintivamente portò la mano al collo per toccare il sui talismano zingaro. Le era stato detto che apparteneva alla sua famiglia da cinque generazioni, ma non sapeva se crederci o meno. Le era però di conforto portarlo sempre con sé, si sentiva meno sola e più sicura. Le dava forza nei momenti in cui stava per cadere a pezzi. E nella vita di una come lei questi momenti capitano spesso.
Non era un oggetto di valore, si trattava di un filo di ferro attorcigliato attorno a sé stesso per assumere la forma di un lupo, con una piccola pietra rossa che fungeva da occhio.  Era freddo e ruvido al tatto. Si percepiva che era un oggetto antico, passato per molte persone e molte vite nel corso del tempo.
Mentre Ava stava provando a ricordare il viso di sua madre, una Mercedes grigia rallentò di fronte a lei. Il conducente era un uomo sulla quarantina, con capelli neri spruzzati di bianco, un volto tutto sommato affabile, ma che nascondeva qualcosa di freddo e distante. Sorrideva, ma era un sorriso sghembo, per nulla rassicurante.
- Ciao bella rossa!
- Ciao. 
- Quanto vuoi?
- 50, se vuoi farlo in macchina.  
- Ok, sali
Ava tentennò per un attimo: c’era qualcosa in quell’uomo che non le piaceva. Poi pensò a sua madre, respirò a fondo e aprì la portiera. 
L'auto, sebbene fosse nuova e decisamente costosa, puzzava di sigaretta e sudore, come se qualcuno l'avesse guidata per chilometri sotto il sole estivo, fumando drum senza mai aprire il finestrino. Ava storse leggermente il naso. 

Il sedile di pelle era appiccicoso e sporco, ma lei era abituata a quello schifo. Si sistemò il vestito e, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori, fece cenno all'uomo di partire.
L'auto si mosse singhiozzando. Svoltarono per una stradina isolata e si fermarono di fronte a un capannone industriale. L'uomo estrasse dalla tasca dei jeans un portafoglio di pelle logora, prese una banconota e la porse a Ava, che la infilò in una tasca nascosta nel reggiseno.
Il respiro dell'uomo iniziava a farsi più intenso mentre allungava le mani sui fianchi di Ava, per poi risalire avidamente verso il seno. Poi si fermò un istante e il suo sguardo si posò sul talismano che portava al collo.
- E questo che cavolo è? è una schifezza zingara?
Disse l'uomo toccando il ferro del medaglione con le sue dita sudaticce.
- No questo non puoi toccarlo tesoro. 
Lui trasalì. il suo volto si fece rosso e da affabile divelle iracondo.
- Ma che vuoi? ti ho pagata, no? posso fare quello che voglio! Brutta zingara!
Lei si spaventò nel vedere la rabbia nei suoi occhi, ma non volle cedere. Se il suo corpo era in vendita, quel medaglione rappresentava la sua storia, che non era certo sul mercato.
si ritrasse leggermente, cercando comunque di tenere calmo l'uomo.
- Caro, lasciamo perdere il ciondolo... Non ti piaccio di più io? 
Guardò l'uomo con fare malizioso, facendo scorrere le mani lungo le sue curve, come un venditore di stoffe che mostra la mercanzia alle signore di passaggio.
Per un momento, l'uomo sembrò tornare in sé. Ma solo per un istante. Ava ebbe appena il tempo di notare come gli occhi dell'uomo si stessero colorando di odio, prima di essere colpita da un ceffone.
- Brutta zingara, come ti permetti di dirmi cosa devo fare? io tocco quello che mi pare!
Un altro ceffone, poi un altro ancora.
Ava sentiva il sapore del suo sangue sulla lingua. Strinse una mano intorno al talismano, mentre con l'altra si copriva il viso. Urlava e scalciava, cercando di allontanare l'uomo, che però era più forte e riuscì presto a immobilizzarla.
- Adesso ti faccio vedere io chi comanda, brutta zingara!
Ava gridava, ma questo rendeva l'uomo solo più violento. Insinuò la mano sotto la gonna e le strappò via le mutandine. Ava chiuse gli occhi.
Poi iniziarono gli ululati.
Lui si fermò e alzò gli occhi.  La macchina era circondata da un branco di lupi grigi, enormi e famelici. Ringhiavano. Ululavano. 
- Che… che diavoleria è questa?
Ma ora la sua voce non era più rabbiosa, non faceva più paura. Ora tremava.

Il più imponente dei lupi si avvicinò al finestrino dell’auto inclinando leggermente il muso dai tratti affilati e digrignando le fauci. Gli occhi rosso sangue fissavano il volto pallido e attonito dell’uomo al volante.
Ava si divincolò dalla presa e si raggomitolò su sé stessa, poi aprì la portiera.
La bestia face capolino nell'abitacolo, inebriato dall'odore della preda. Prima che l’uomo riuscisse anche solo a gridare, venne azzannato al collo. Spruzzi di sangue andarono a imbrattare il cruscotto. Il lupo si ritrasse un istante, poi colpì di nuovo strappandogli via il volto, lasciando una spaventosa maschera purpurea dove prima si trovavano occhi sadici e freddi.
Serrò infine la spalla dell’uomo tra le mascelle e trascinò il corpo fuori dall'abitacolo, dove il resto del branco aspettava per banchettare. Grida lancinanti riempirono la notte.

Ava rimase nell'auto, rannicchiata come una bambina, con il talismano stretto in una mano.
Il suo sguardo era fisso. Non piangeva.


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